C’è una teoria di Romolo e Remo che spiegherebbe come è nata l’immaginazione, che è alla base di tutte le invenzioni e dell’arte.
Secondo la mitologia romana i famosi Romolo e Remo sarebbero due fratelli gemelli e, in modo particolare, Romolo avrebbe fondato la città di Roma e sarebbe diventato il primo Re romano. Per la precisione, la probabile data della fondazione di Roma sarebbe il 21 aprile 753 a.C. Inoltre, la leggenda afferma che i due fratelli sarebbero i figli di Rea Silva, che a sua volte discenderebbe da Enea e Marte.
Tuttavia, ci sono tantissime ipotesi e leggende sulla fondazione di Roma, come ad esempio la versione che afferma che la città di Roma sia nata 150 anni più tardi, precisamente verso la fine del VII secolo a.C.
Secondo gli esperti gli umani incominciarono a parlare circa 70.000 anni fa, nel momento in cui si verificò una mutazione genetica che favorì la nascita di una lingua più elaborata. L’antica teoria di Romolo e Remo afferma che il medesimo processo possa essere avvenuto anche per la nascita dell’arte e dell’immaginazione.
Infatti, le prime forme di creatività della specie Homo Sapiens si sono viste circa 70.000 anni fa. Ciò significa che la nascita della comunicazione potrebbe aver generato un’esplosione di creatività. In modo particolare, la mente degli antichi umani potrebbe essersi aperta grazie alla ricorsività linguistica, cioè alla capacità di inserire più ragionamenti in un discorso, spaziando nel tempo e su vari argomenti o oggetti.
Inoltre, secondo un nuovo studio tutto questo processo lo si potrebbe inglobare nella famosa teoria “Romolo e Remo”, la quale afferma che l’origine della ricorsività linguistica e della conseguente creatività, sia una mutazione genetica che ha modificato lo sviluppo della corteccia prefrontale in alcuni bambini.
Un’altra prova, che rafforza questa teoria, arriva dai test effettuati sui bambini moderni: tutti coloro che non familiarizzano con un linguaggio completo durante l’infanzia, non riusciranno mai a sviluppare una grande immaginazione da adulti. Quindi, ritornando indietro nel tempo, si può ipotizzare che gli umani preistorici adulti non conoscessero la ricorsività linguistica prima della mutazione e, di conseguenza, non potevano insegnarla ai loro figli.
In altre parole, prima della mutazione genetica, i bambini preistorici avevano circa 2 anni di tempo per familiarizzare con il linguaggio completo, altrimenti avrebbero rischiato di non sviluppare mai più l’immaginazione e la creatività. Chiaramente, nell’epoca preistorica non esisteva un linguaggio composto da molte parole, quindi un bambino di soli due anni aveva certamente un futuro senza creatività.
Dopo la mutazione invece i bambini avevano circa 5 anni di tempo per farsi contaminare dal linguaggio completo. Ciò significa che la specie umana aveva a disposizione alcuni anni in più, per allenarsi e apprendere più parole possibili.
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