L’Italia del tennis ha di che sorridere: applaude Berrettini che zittisce gli hater e va all-in con Sinner a Wimbledon.
Un campo centrale storico e competente come nessuno al mondo che si alza il piede per applaudire reiteratamente, è la cartina di tornasole di cosa ha fatto Matteo Berrettini a Wimbledon. Sì, lui che fino a due settimane fa non sapeva neanche se sarebbe andato a Londra.
Alcaraz si unisce al pubblico e regala al suo avversario un lungo “homenaje” come se fosse stato Berrettini a vincere. Matteo esce dal campo centrale con l’onore delle armi, perché ha messo in seria difficoltà un numero uno al mondo che ha sorriso praticamente solo al termine di un match durato oltre tre ore, nel quale lo spagnolo ha dovuto rincorrere il tennista italiano, ok 6-3 nel primo set, con tanto di palla break a inizio secondo che, chissà, avrebbe potuto cambiare la storia.
C’è stato bisogno del migliore Alcaraz per vincere con un triplo 6-3 e volare ai quarti di Wimbledon, dove affronterà Rune. “Non è andata come speravo, ma mi sento ritrovato: è stato un anno pieno di retromarce e un torneo non basta, ma ho ritrovato la gioia di chi sognava di fare questo mestiere da quando avevo sette anni”. Le critiche per la relazione con Melissa Satta (presente al Campo Centrale) svaniscono, è un nuovo inizio per l’unico finalista italiano nella storia di Wimbledon. “Gli ultimi mesi sono stati un inferno, adesso l’obiettivo è stare bene. Perché quando sto bene, so quello che posso fare”.
Se Berrettini sorprende, Jannick Sinner impressiona e fa sognare. Un grande Wimbledon sta disputando il talento di San Candido, per la seconda volta di fila ai quarti di finale, dove incontrerà Roman Safiullin, che sarà pure la grande rivelazione di Wimbledon insieme allo sconosciuto statunitense Eubanks ma è assolutamente alla portata del numero uno italiano, che punta in alto.
Non come Berrettini, ma anche Sinner è stato aspramente criticato dopo la bufera scatenata per le vicissitudini tra l’altoatesimo e il giudice di sedia nel match vinto contro Galan. “Quando ti succede in campo, poi ti rimane in testa una cosa che ti porti un po’ avanti. Là ho sbagliato io, poi le chiamate dopo erano corrette”.
Sinner recita il mea culpa per i suoi sbagli, come dovrebbe fare anche qualcun’altro, ma chiude le polemiche e non si pone limiti: “Sul primo di quei casi avevo ragione io – conclude – comunque alla fine ognuno fa errori, siamo umani, non si perde una partita 3 su 5 per una chiamata così“. Avanti tutta, dunque. Prima Safiullin, senza pensare che in semi ci potrebbe essere un certo Djokovic.
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