Tra le tante misure attualmente in vigore per andare prima in pensione, ve ne è una che consente di smettere di lavorare a 63 anni.
Andare in pensione a 63 anni, cioè 4 anni prima rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero, è possibile. Ma oltre ad età e contributi, bisogna soddisfare determinati requisiti. Vediamo tutto nei dettagli.
Si torna a discutere di pensioni e, soprattutto, di misure di prepensionamento. Il match tra sindacati e Governo si gioca tutto sul campo delle uscite anticipate ma con un assegno previdenziale che non scenda al di sotto dell’80% degli ultimi stipendi del contribuente. Richieste che a palazzo Chigi suonano come inconciliabili vista l’attuale situazione delle casse dello Stato. La riforma delle pensioni, molto probabilmente, non vedrà la luce nemmeno l’anno prossimo e diverse misure di pensione anticipata rischiano di saltare o di venire modificate restringendo la platea dei potenziali beneficiari. Tuttavia, prima di fasciarci la testa, è opportuno ricordare che, ancora per il 2023, è in vigore una misura che permette di andare in pensione a soli 63 anni.
Smettere di lavorare 4 anni prima rispetto a quanto stabilito dalla legge Fornero, è una prospettiva che piace a molti. E, inoltre, darebbe una bella spinta al ricambio generazionale nei mercato del lavoro. Vediamo, allora, cosa bisogna fare per andare in pensione a 63 anni.
Per tutto il 2023 resterà in vigore Ape sociale, misura di prepensionamento introdotta nel 2017 e prorogata di anno in anno fino ad oggi. Con Ape sociale un lavoratore può ritirarsi a soli 63 anni ma questa forma di pensione anticipata si rivolge solo ad alcune categorie. Infatti possono beneficiare di Ape sociale i lavoratori addetti a mansioni usuranti purché abbiano raggiunto almeno 36 anni di contributi e abbiano svolto una mansione usurante per almeno 6 anni negli ultimi 7. La lista dei lavoratori usuranti viene spesso aggiornata, quindi è opportuno consultarla di frequente o chiedere ai patronati.
Ape sociale si rivolge anche ai lavoratori disabili con un’invalidità pari o superiore al 74% e con 30 anni di contributi e ai caregiver, cioè coloro che vivono e si occupano di familiari con disabilità certificata dell’Inps. I caregiver devono avere comunque maturato almeno 30 anni di contributi e devono svolgere la mansione di assistenza da non meno di 6 mesi. In questi tre casi una persona può andare in pensione a 63 anni con Ape sociale. Non si può considerare una pensione vera e propria: è, piuttosto, un “reddito ponte” che accompagna un soggetto fino alla pensione di vecchiaia che gli verrà erogata a 67 anni. Ape sociale presenta, però, parecchi svantaggi: l’assegno non può mai superare 1500 euro al mese; non è soggetta a rivalutazione annua; non prevede la tredicesima né la quattordicesima e, infine, non è reversibile. Pertanto, se il percettore dovesse decedere, l’eventuale coniuge non avrà diritto a nessuna pensione di reversibilità.
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