A Roma il 5G sembra destinato a far discutere. Questa volta, però, non si tratta di complottisti o simili, ma di problemi ben diversi. Nelle scorse settimane, infatti, il Campidoglio aveva annunciato un piano per lo sviluppo del 5G in città. Un piano particolarmente oneroso da sviluppare con Boldyn Networks. Ora, però, l’intero piano è a rischio a causa di una sentenza del Tar.
Procediamo con ordine. L’accordo con Boldyn Networks è stato annunciato nei giorni scorsi. Si tratta di un contratto da 97,7 milioni, di cui 20 pubblici, che ha come obiettivo quello di trasformare Roma in una smart city. Nello specifico, il progetto prevede cento piazze e strade limitrofe con circa 850 hotspot wi-fi di ultima generazione, copertura di tutte le stazioni e lungo le linee esistenti della metropolitana, con le insegne trasformate in access point, oltre 2mila smart cells installate in tutta la città, punti per la copertura wi-fi indoor in sette edifici della Pubblica amministrazione, 1.800 sensori Internet of Things per lo sviluppo di soluzioni smart e 2mila telecamere ad alta definizione che andranno ad aggiungersi alle 7mila già esistenti.
L’inizio dei lavori è previsto nel 2024 e ha come obiettivo quello di creare un’infrastruttura importante entro il 2025, anno del Giubileo.
La decisione del Campidoglio aveva già fatto storcere il naso a molti colossi delle telecomunicazioni. Vodafone e Tim si erano subito rivolte al Tar che aveva respinto le loro richieste, spiegando come la scelta di Roma Capitale “sia sostanzialmente conforme al quadro normativo euro-unitario e nazionale“. Tutto finito? Nemmeno per sogno. Vodafone, infatti, ha deciso di proseguire la sua battaglia e ha ottenuto una prima, pur piccola, vittoria. L’azienda, infatti, si è vista accettare il ricorso contro il diniego all’accesso agli atti della gara su Roma5G opposto da Roma Capitale. Il tribunale amministrativo ha ritenuto infatti che, nonostante Vodafone non abbia partecipato alla gara, sia comunque legittimata a visionare i documenti. Come mai? “Vodafone ha comunque impugnato l’intera procedura di gara, contestando la decisione stessa dell’Amministrazione capitolina di ricorrere allo strumento del project financing, di talché – scrivono i giudici – non si può astrattamente escludere che l’ostensione della documentazione di gara sia utile alla coltivazione di detta censura“.
Cosa accade adesso? Il primo pensiero è legato ai prossimi passi di Vodafone che, una volta visionati i documenti, potrebbe preparare un altro ricorso e a sua volta spingere anche altri operatori a percorrere la stessa strada. Il secondo pensiero va, invece, alle azioni che potrebbe mettere in campo il Comune di Roma. “Se per un verso è vero che la ricorrente non ha partecipato alla procedura di gara, per altro verso è anche vero, però, che alla gara ha partecipato un unico concorrente, sicchè l’eventuale annullamento del provvedimento di aggiudicazione di tale gara, per vizi – ha sottolineato il Tar – ipoteticamente ricavabili dall’esame della documentazione oggetto di ostensione, ben potrebbe spingere l’amministrazione ad un annullamento in autotutela dell’intera procedura competitiva e alla riedizione della stessa con modalità diverse“.
Allo stesso tempo, però, Roma Capitale non sembra intenzionata a frenare. I lavori dovrebbero partire nelle prossime settimane.
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