Le ottobrate romane nella Roma pontificia, dunque fino all’unificazione dell’Italia, erano il nome dato alle tante feste organizzate a chiusura della vendemmia.
Le origini di questi eventi sono molto antiche e risalgono ai famosi Baccanali che gli antichi romani dedicavano al dio del vino, Bacco, a partire dal 2 secolo a.C.: erano feste propiziatorie, al suono di flauti e tamburelli, danze sfrenate e abbondanti libagioni.
Oggi il termine viene utilizzato per descrivere il classico “bel tempo” che interessa l’area italiana e mediterranea nel mese di ottobre.
Ma vediamo ora insieme cos’erano in origine le ottobrate romane, che cosa significano anche dal punto di vista meteorologico e come oggi sono influenzate dal riscaldamento globale
Ogni famiglia e ogni gruppo di amici, per celebrare il raccolto e la fine del duro lavoro, organizzava il giovedì e la domenica mattina delle scampagnate fuori porta, ovvero gite di gruppo tra le vigne e le osterie.
Questa tradizionale gita in campagna andò consolidandosi sempre più, fino ad allargarsi ai Castelli Romani e divennero estremamente popolari a partire dal 18° secolo come forma di svago ed evasione collettiva, tanto per i nobili quanto per il popolo.
Per gli aristocratici le ottobrate romane erano un’occasione unica per sfuggire alla routine di palazzo, mentre per il popolo rappresentava una singolare possibilità per evadere da una vita quotidiana spesso grigia e faticosa.
In occasione delle ottobrate nobili e persone comune erano mescolati tra loro nella più sfrenata allegria, alimentata dalla voglia di vivere e dal buon vino.
Per partecipare alla festa era usanza vestirsi in modo molto ricercato: le donne erano solite ornarsi di fiori e piume, ma anche gli uomini, come illustrano tante stampe e incisioni dell’epoca, usavano vestiti particolarmente sfarzosi.
I programmi delle ottobrate romane erano a base di giochi come bocce, ruzzola, altalena e alberi della cuccagna, ma c’erano poi canti, balli, stornelli, vino e grandi abbuffate.
Durante le “scampagnate” non mancavano mai gnocchi, gallinacci, trippa e abbacchio. Si suonava con tamburelli, chitarre e nacchere e soprattutto si ballava il saltarello.
Le ottobrate romane erano una serie di feste così tanto attese che pur di parteciparvi si era disposti a indebitarsi, ricorrendo al “monte d’empietà”, come scherzosamente veniva chiamato il Monte dei Pegni, per avere abbastanza bajocchi da poter comprare un nuovo, eccentrico vestito giusto per l’occasione, ma anche affittare la carrozza e pagarsi il vino e il cibo alla festa; chi aveva bisogno di dovervi ricorrere impegnava di tutto, dalla biancheria e suppelletti, abiti vecchi e piccoli oggetti preziosi.
Le abituali mete delle gite erano il monte Testaccio, le campagne intorno a ponte Milvio, le vigne poste tra Monteverde e Porta San Pancrazio o fuori porta San Giovanni e Porta Pia.
Chi ne aveva la possibilità si recava alle gite dell’ottobrata romana con la carettella – la caratteristica carrozza a forma di guscio d’uovo che trasportava fino a 9 minenti (esponenti della borghesia romana vestite a festa) – e lasciava sedere la più bella accanto al carrettiere per attrarre più persone possibile.
Il resto della comitiva seguiva la carettella a piedi suonando e intonando stornelli e canti popolari. Una volta arrivati a destinazione i nobili si mischiavano con i popolani, come sempre in questa tradizione.
Le festose scampagnate attirarono anche l’attenzione di illustri viaggiatori stranieri del tempo, filosofi, osservatori e curiosi. Giacomo Casanova, per esempio, racconta di aver vissuto una giornata bellissima, con un unico neo: la brevità del percorso da Roma a Testaccio, meta della sua personale ottobrata, perché il tempo da passare in carrettella a contatto con le sue donne era decisamente insufficiente.
È evidente, dunque, che per garantire la buona riuscita di queste feste era fondamentale la presenza del bel tempo e di un clima particolarmente gradevole.
Da qui l’associazione tra le ottobrate e una condizione meteorologica particolarmente favorevole a questo tipo di attività di svago o amenità post-estive o di inizio autunno, che consente di vivere la città e le sue numerose bellezze.
Per questo motivo oggi il termine ottobrata romana si è allargato nel suo utilizzo a tutto il territorio nazionale, indicando precise condizioni atmosferiche caratterizzate dalla presenza dell’alta pressione sull’Italia e sul bacino del Mediterraneo, responsabile di un periodo più o meno lungo di tempo stabile, soleggiato e di un clima decisamente mite.
Il problema è che ora anche l’ottobrata meteorologica non è più quella di una volta e subisce gli effetti del riscaldamento globale in atto.
Negli ultimi anni, infatti, accade sempre più spesso che il mese di ottobre ci riproponga condizioni meteo climatiche tipiche della stagione estiva.
Tanto che sta diventando ormai improprio parlare di colpo di coda dell’estate, o di scampolo estivo o di ottobrata: in questi casi si presuppone che vi sia stata, precedentemente, un’interruzione anche importante dell’estate e un passaggio definitivo all’autunno (non solo dal punto di vista astronomico).
Senza contare che la fase estiva fuori stagione dovrebbe esaurirsi nel giro di qualche giorno al massimo ed essere caratterizzata da un clima mite ma non troppo.
Tutto questo adesso non accade più: con la crisi climatica in atto oggi si parla di caldo anomalo, con temperature estive per molti giorni, dunque superiori alla norma anche di una decina di gradi, mentre si assiste a un aumento sostanziale della durata della stagione, che tende così, inesorabilmente, ad allungarsi.
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